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mercoledì 25 luglio 2012

Diritto societario

Anche i creditori impugnano i bilanci nulli

L’art. 2434-bis c.c. deroga la disciplina generale solo con riguardo ai soci, legittimati a impugnare se titolari di almeno il 5% del capitale sociale
/ Lunedì 23 luglio 2012
L’art. 2434-bis c.c., quale norma derogatoria rispetto alla disciplina generale di cui agli artt. 2377 ss. c.c., è applicabile alle sole delibere di approvazione del “bilancio” e consente l’impugnazione da parte dei creditori sociali.
Sono queste le principali indicazioni desumibili dalla sentenza 13 marzo 2012 n. 950 della Corte d’Appello di Milano.
La spa Alfa, in qualità di creditrice della società Beta, agiva in giudizio (con atto di citazione notificato il 18 giugno 2007) per ottenere la dichiarazione di nullità – per violazione dei principi di chiarezza, verità, precisione e trasparenza – della delibera di approvazione del bilancio di esercizio 2005 (approvato il 28 giugno 2006) e di quella di approvazione di una situazione patrimoniale straordinaria al 20 dicembre 2006 con contestuale riduzione del capitale per perdite da 1.239.500 a 280.000 euro, stante l’interesse ad apprezzare compiutamente l’effettività delle perdite dichiarate. Il Tribunale accoglieva il ricorso e dichiarava la nullità di entrambe le delibere. La società Beta ricorreva in appello evidenziando, tra l’altro, la mancata dichiarazione del difetto di legittimazione all’azione della società Alfa, dal momento che l’art. 2434-bis c.c. – ai sensi del quale la legittimazione ad impugnare la deliberazione di approvazione del bilancio su cui il soggetto incaricato di effettuare la revisione legale dei conti ha emesso un giudizio privo di rilievi, spetta, prima dell’approvazione del bilancio dell’esercizio successivo, a tanti soci che rappresentino almeno il 5% del capitale sociale – non attribuisce al semplice creditore la possibilità di impugnare le delibere di “bilancio”.
La Corte d’Appello sottolinea come la norma in questione vada letta ricordandone la finalità: nel tentativo di contemperare gli interessi della società alla certezza dell’attività sociale con quelli del singolo socio rispetto ad eventuali conseguenze dannose, si intende assicurare la stabilità delle deliberazioni di approvazione del bilancio sottraendole ad impugnazioni strumentali e comunque provenienti da una minima parte del capitale sociale. Di qui il suo carattere derogatorio rispetto alla disciplina generale delle impugnazioni delle delibere assembleari, contenuta negli artt. 2377 ss. c.c., che ne impone una “stretta” interpretazione con riguardo unicamente alle deliberazioni di approvazione del “bilancio” (soluzione che troverebbe conferma anche dalla collocazione sistematica della disposizione normativa, nella Sezione IX, “Del bilancio”, e dalla Rubrica della norma, “Invalidità delle deliberazioni di approvazione del bilancio”).
Tale disciplina, inoltre, si discosta da quella dettata per le deliberazioni che modificano l’assetto del capitale sociale o che decidono l’emissione di obbligazioni (art. 2379-ter c.c.), per le quali era altrettanto sentita l’esigenza di stabilità in ragione delle difficoltà di ripristino dello status quo dovuto all’irreversibilità degli effetti connessi alla relativa esecuzione. In relazione a tali ipotesi, peraltro, si pongono esclusivamente limiti temporali (180 giorni dall’iscrizione della delibera) alla proponibilità della domanda, senza alcun riferimento a limitazioni all’impugnazione di natura soggettiva, invece presenti in materia di bilanci.
La norma non si applica alle situazioni patrimoniali di periodo
Sulla base di tale ricostruzione, la Corte d’Appello di Milano reputa corretta la decisione del Tribunale circa la non pertinenza del rilievo avanzato nel ricorso rispetto alla delibera del 9 marzo 2007 di approvazione di una “situazione patrimoniale straordinaria” al 20 dicembre 2006 con contestuale riduzione del capitale per perdite. Rispetto ad essa, infatti, la società Alfa, in qualità di creditrice della società Beta, era legittimata ad agire ex art. 2379 c.c. (che riconosce il diritto di far valere la nullità delle deliberazioni a “chiunque vi abbia interesse”), e ciò aveva fatto nei termini prescritti.
Condivisibile, inoltre, è anche la conclusione sulla legittimazione della società Alfa all’impugnazione della deliberazione del 28 giugno 2006 di approvazione del bilancio 2005 della società Beta, valendo la limitazione soggettiva di cui all’art. 2343-bis c.c. solo con riguardo ai soggetti espressamente presi in considerazione ovvero i soci. In particolare, il secondo comma di tale disposizione, laddove introduce la “soglia di legittimazione” all’impugnazione con riguardo ai soci, non indica la legittimazione di questi ultimi come “esclusiva”. Alla luce delle ricordate esigenze di tutela dei soci, da un lato, e di stabilità e certezza dell’attività sociale, dall’altro, si comprende quindi come i limiti in questione non possano riguardare che la posizione dei soci, senza incidere sulla possibilità dei soggetti titolari di interessi diversi di agire per la loro tutela ai sensi dell’art. 2379 c.c. (nel medesimo senso, si veda Trib. Milano 17 agosto 2011 n. 10587).

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