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giovedì 30 giugno 2011

L’Agenzia amplia la difesa negli accertamenti sulla competenza fiscale

Accertamento

L’Agenzia amplia la difesa negli accertamenti sulla competenza fiscale

Nell’errata imputazione a periodo, il diritto al rimborso del costo non dedotto nell’anno giusto scatta anche in caso di adesione

/ Martedì 28 giugno 2011
Varie volte ci siamo soffermati sugli effetti degli accertamenti che coinvolgono componenti pluriennali di reddito, in primo luogo su quelli ove viene contestata la violazione della competenza fiscale.
Ora, l’Agenzia delle Entrate, specificando il contenuto della precedente circ. 23 del 2010, sostiene che il diritto al rimborso, ad esempio del costo non dedotto nell’anno di competenza, deve essere attribuito in ogni ipotesi in cui l’accertamento diviene definitivo, quindi anche in caso di acquiescenza, accertamento con adesione e conciliazione giudiziale (circ. 29 del 2011 § 1.4).
Riprendendo concetti già esaminati in precedenti interventi, si pensi al caso in cui il contribuente deduce un costo nell’anno sbagliato (ma alle stesse conclusioni si deve giungere per la tassazione dei ricavi in anni errati): se egli ritiene fondato il rilievo dell’Ufficio, non viene comunque meno il diritto di deduzione del costo, che il contribuente avrebbe dovuto indicare in dichiarazione in osservanza della competenza fiscale.
Quindi, dal momento della definitività dell’accertamento ove viene recuperato a tassazione il costo (momento che coincide con lo spirare del termine per il ricorso, con il giudicato di rigetto del ricorso, con la data di stipula dell’accertamento con adesione e così via), scattano i termini per la richiesta di rimborso. È importante ricordare che, in questo specifico caso, il termine per il rimborso non è quello di cui all’art. 38 del DPR 602/73, ma quello biennale disciplinato dall’art. 21 del DLgs. 546/92, norma applicabile nei casi come quello di specie.
Una volta stipulata l’adesione, scatta il diritto al rimborso, anche se sarebbe senz’altro opportuno che la partita potesse chiudersi già in sede di contraddittorio, ma questo è un altro discorso (si veda “L’errore sulla competenza si «aggiusta» con l’adesione” del 20 gennaio 2011).
Stesso discorso per la conciliazione giudiziale
La presa di posizione dell’Agenzia delle Entrate è condivisibile, anche se, forse, un tantino scontata. Tuttavia, il chiarimento è di certo opportuno, visto che un precedente (per quanto ci consta isolato) dalla Suprema Corte si è espresso in senso opposto (Cass. 19 giugno 2009 n. 14300), sulla base, sia permesso, di una concezione arcaica del diritto, ove l’immanente principio del divieto di duplicazione d’imposta ha dovuto lasciare il passo a quello sugli effetti della novazione delle obbligazioni, principio, di matrice civilistica, calato sic et simpliciter in ambito fiscale.
Per i giudici, la definizione della controversia, nella specie, mediante conciliazione giudiziale, ha carattere novativo dell’obbligazione tributaria, e comporta la sostituzione dell’obbligazione originaria “con una certa e concordata, tanto è vero che il relativo processo verbale costituisce titolo per la riscossione delle somme dovute”: da qui l’impossibilità di rimettere in discussione la questione sotto ogni aspetto, con susseguente infondatezza della domanda di rimborso proposta per effetto della definitività dell’accertamento sull’errata imputazione a periodo, accertamento oggetto, come visto, di conciliazione giudiziale.
Il ragionamento effettuato dalla Corte di Cassazione vale anche nel caso dell’adesione ai “PVC” o nell’adesione agli inviti al contraddittorio, stante l’identità di situazioni.

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